17.6.11

Capitolo I

Cazzeggiavo su Internet e ho trovato un concorso di letteratura. Bastava inviare roba tipo poesie o racconti brevi. Quindi mi sono detto: ora scrivo qualcosa e la invio, tanto vinco sicuro.


Capitolo I

Marco aveva 27 anni. Carattere: spento. Occhi: verdi. Capelli: pochi. Ogni 15 agosto comprava una lametta e si rasava completamente, dalla barba all’inguine, le sopracciglia e le gambe, l’ano. Poi lasciava crescere il tutto nell’attesa di un nuovo Ferragosto. Ogni anno aveva sempre più peli. Adorava i peli, e la barba: folta. Il pelo simboleggia l’uomo primitivo, l’uomo ignorante. Licantropia: irsutismo.

Marco lavorava: stancamente. Lavorava ad un banco pesce di un supermercato. L’odore del pesce gli ricordava: la vagina. Marco aveva gli anni di cui sopra. Marco si era lasciato con la sua fidanzata dopo 4 anni, ne aveva 23. Da 4 anni Marco non aveva relazioni con femmine. Scopava: poco. Bugia. Scopava: no. Si masturbava: parecchio. Era diventato bravo. Si masturbava mentre faceva la cacca. Faceva la cacca: una volta a settimana, per generare stronzi duri e lunghi. Controllava la velocità, la pressione, l’attrito della mano ed eiaculava quando la cacca era uscita solo per metà. Nel momento dell’amplesso l’ano si richiudeva e la cacca rientrava nello sfintere, lo penetrava. A volte la cacca si spezzava a metà, e lui era arrabbiato con se stesso. Splosh. La merda: sozza e scapigliata, la puttana. La merda: Scheiße.

Un giorno d’estate Marco tornava dal lavoro, erano le 16. Ai lati della strada: fossi sporchi, erba sui cigli. Il tragitto da supermercato a casa: 1,6 chilometri. A piedi: 15 minuti. In automobile: dato non pervenuto. A metà tragitto la sua attenzione venne rapita da un grande bar con all’esterno tavolini in acciaio colorato di nero, che impedivano ai passanti di passeggiare sul marciapiede. Decise di alterare la sua routine quotidiana, e inoltrarsi, per pochi minuti, nel normale.

Entrò. C’era un enorme frigorifero sulla sinistra. Davanti a lui uno stereotipo vivente di 17 anni comprava delle sigarette. Aprì il frigorifero. Prese: un gelato. Alla cassa c’era una vecchia. Prese: un magnum al pistacchio. Pagò: 2 euro e 50 centesimi. Pensò: Mortacci vostra.

Uscì. Arrotolò lo scontrino e lo lanciò per terra. Si sedette presso uno di quei tavolini. Ombrelloni decentrati a braccio laterale. Insomma: piccoli gazebi. Dunque: ombra. A un metro e mezzo da lui c’era una donna, 35 anni, capelli biondi, tailleur: scopabilissima. Cominciò a mangiare il gelato. La donna parlava: al cellulare, Marco sentiva: non ascoltava. Lei diceva: cose da femmine. Rumore di fondo.

‘Yn pevggbtensvn genggn qryyr fpevggher anfpbfgr? Fvtavsvpngb rgvzbybtvpb qryyn cnebyn biireb qrv zrgbqv cre eraqrer ha zrffnttvb bsshfpngb va zbqb qn aba rffrer pbzcerafvovyr n crefbar aba nhgbevmmngr n yrttreyb. Yn cnebyn questa pevggbtensvn qrevin qnyyn cnebyn terpn xelcgóf pur fvtavsvpn anfpbfgb r qnyyn cnebyn terpn teácurva pur fvtavsvpn fpevirer. Yn pevggbtensvn è yn pbagebcnegr qryyn pevggbnanyvfv rq nffvrzr sbeznab yn pevggbybtvn! Ro cosa kvmv sz ulinz xrormwirxz; rm vhhl hr klhhlml rmwrerwfziv fmz kzigv oryviz, xsv ervmv rnkrvtzgz mvooz xlkfoz, vw fmz kzigv urhhz kvirmvzov, wvggz zmxsv izwrxv wvo kvmv. Hs è fm xltorlmv. Oz kzigv oryviz hr davvero wrhgrmtfv, z hfz elogz, rm xlikl wvo kvmv v tozmwv, fm rmtilhhznvmgl wzooz ulinz gilmxl-xlmrxz hrgfzgl zooz hfz vhgivnrgà v xsv kligz zoo'zkrxv o'lirurarl vhgviml wvoo'fivgiz. Nlogr criptata zwlovhxvmgr gvnlml xsv ro olil kvmv mlm hrz zyyzhgzmaz tizmwv v hrz rmzwvtfzgl zo xlnkrnvmgl wr zggr hvhhfzor’

‘Mi scusi’ un cameriere.

Marco lo guardò, sorpreso: imbarazzo. Il gelato in bocca.

‘Se non è qui per consumare un pasto non può sedersi ai tavoli. Ma può sedersi dentro, grazie’

Marco rientrò. Un pezzetto di cioccolato gli aveva macchiato la maglietta. Se ne accorgerà tre giorni dopo. Un altro stereotipo vivente comprava sigarette. La vecchia non c’era più: forse era morta. Si sedette su uno sgabello, di fronte al bancone. Era fresco. Il bancone era ripieno di foglietti pubblicitari e riviste di moda oppure di sport oppure quotidiani beceri che parlano di gossip e stronzate. Tra questi: La Repubblica.

Cominciò a sfogliarlo: NOIA. Il batterio killer nella soia. Bambino si taglia la mano con una cesoia. Tutti al mare con gioia. Muratore cade da una sequoia. Cosa fare se il pc ha un trojan. Berlusconi è un boia, che muoia. Il nucleare causa paranoia. Il Principe di Savoia va a Pistoia. Francesco Totti scivola su della salamoia e si spacca l’anca a Pretoria .

Scoprì che le ultime pagine erano le più interessanti: annunci.

Animali di qualsiasi tipo, ve li uccido anche a gratis. -Astrochiromante diplomata con corso di formazione della Regione Campania predice futuro o effettua pulizie delle scale a prezzi interessanti. -Bocchini tiransi, prezzi modici, anche pesci sporchi. -Bambini da crescere o già cresciuti, provenienti da tutto il mondo vendesi. No documenti. -Circolo ricreativo cedesi causa autobomba. -Film dove si vede Topolino che caca vendo al migliore offerente. -Mannaggia la Madonna ho perso il cane nuovo, fresco comprato! Se lo trovate portatemelo che vi ricompenso a soldi, mannaggia Gesù Cristo, mannaggia! No cani somiglianti! -Zorro, vestito di carnevale con spada e tutto, un poco scassato in culo, vendo. -Erotic tours organizza la tua vacanza proibita a partire da euro 50. Marocco, Algeria, Nigeria, Foce Sele, Zona Industriale (Salerno), Scalo Stazione Centrale (Catanzaro), Scuole materne parificate, Containers, Ospedali disabili.

In un minutaggio di fatto infinitesimale produsse una idea centrale e cardinale da attuare: pubblicare un annuncio. Le istruzioni nella parte bassa della quarta di copertina dicevano che andava compilato il bollettino allegato: in tutte le sue parti. Il bollettino andava spedito via posta: la redazione non è responsabile sulla non veridicità degli annunci. In ogni caso contiamo sulla vostra buona fede. Strappò la pagina del quotidiano.

Tornò nel suo appartamento, correndo. Erano anni che non correva. Da giovane praticava lo sport: il basket. Ricordava le mani che si allungano verso terra, per prendere uno di quei palloni arancioni. Mi sembra di sentirlo ancora, mentre lo tasto e lo rigiro.

95 metri quadrati calpestabili, 3 stanze, un bagno. Parte una descrizione accuratissima dell’abitazione, perché adoro la prolissità di fondo dei romanzi ottocenteschi. Doom. Retorica aumenta.

Il portone d’ingresso, in legno massello e decorazioni scadenti, dava su un corridoio di sei metri in lunghezza, senza finestre, vuoto; terminava con una parete sulla quale era affisso un enorme specchio leggermente convesso che distorceva le immagini quel poco da renderle fastidiosamente divergenti e più grasse del reale. Dal corridoio si diramavano quattro stanze, due per lato. Quattro lampadine, a distanza di meno di due metri l’una dall’altra, senza plafoniere, pendevano da fili troppo lunghi e garantivano una illuminazione scadente e artificiale; erano praticamente sempre accese. Tra le due porte sul lato sinistro, appeso alla meno peggio su un muro bianco a buccia d’arancia, la riproduzione di un quadro di Krzysztof Iwin.

La prima porta sulla sinistra dava su un salottino di 6 metri quadrati. Un enorme divano in finta pelle rossa contrastava con il colore delle pareti, giallo sborra, e con altre due piccole poltrone di colore verde, poste intorno ad un tavolinetto in vetro con sopra sbobba di provenienza indiana. Un enorme finestra, con persiana in legno colore verde, dava su una strada parecchio trafficata e poco incline al silenzio. Sulla parete destra era incassata una enorme libreria stracolma di volumi che non venivano sfogliati da anni e il cui contributo nell’Universo era di tipo estetico e di assorbitori di umidità, dando alla stanza il caratteristico odore dei libri ammuffiti. Nonostante vivesse in casa da solo, Marco nascondeva notevoli quantità di materiale pornografico, nei diversi formati cartecei e digitali, dietro i sei volumi con tutte le opere di E. A. Poe, con testo originale a fronte. Sulla stessa parete da cui si era ricavata l’entrata, c’erano un televisore 25 pollici a tubo catodico, un lettore dvd e un videoregistratore, accuratamente disposti sui vari vani di un mobiletto Ikea, apoteosi dell’offesa all’architettura degli interni.

La seconda porta sulla sinistra era il bagno, illuminato da una piccola finestra che dava sulla strada del disturbo e una lampada a fluorescenza blu NARVA, che con la sua luce artificiale e fredda aumentava il senso di pulizia sempre richiesto in quei luoghi in cui ci si cura della propria igiene personale. Vasca, cesso e bidet si trovavano allineati sulla sinistra, la parete destra era occupata da una lavatrice, un lavandino con specchio incorporato e un mobiletto a due ante. In alto a sinistra un adesivo dei Cannibal Corpse. Nel mobiletto erano conservati enormi quantità di spazzolini e asciugamani. Marco non lasciava mai questi oggetti all’aria nel bagno, perché temeva l’avvento di batteri. Dopo aver cagato nel cesso, pensava Marco, nell’atto dello scaricare, le molecole di acqua, piscio e merda volteggiano nell’aria e buona è la probabilità che queste si depongano sullo strumento che utilizzava per lavarsi i denti; meglio evitare. Sopra lo stipite della porta, con una sicura scritta a pennarello nero, la frase: Unde malum?

La seconda porta sulla destra, subito dopo il quadro, dava nella camera da letto. La parete di fronte all’entrata era caratterizzata da una enorme porta finestra con balcone. Sul balcone: uno stendi panni. Il balcone offriva la visione di un vicolo buio, poco rassicurante ma silenzioso. Tra questa parete e quella di fronte al letto, nell’angolo, c’era una sedia a dondolo in legno, unico oggetto di valore della sua casa, anche se Marco non lo sapeva. Il letto era enorme, a tre piazze, quattro cuscini in linea non lo coprivano in lunghezza. Le lenzuola, sempre pulite, venivano cambiate ogni due settimane, ora verdi ora blu ora rosse ora bianche. Ai lati del letto, due piccoli comodini sui quali c’erano delle lampade e bottiglie d’acqua da un litro e mezzo sempre piene. Abituato a dormire dalla parte sinistra, in un cassetto del comodino da questo lato c’erano una ventina di calzini utilizzati per ripulirsi dallo sperma dovuto alle costanti e frequenti seghe notturne, unico rimedio rigorosamente valido per favorire il sonno. La parete di fronte al letto era nascosta da un enorme armadio contenente il vestiario. La parete del lato sinistro del letto era spoglia. La stanza non aveva lampadari sul soffitto.

L’ultima stanza era la cucina, da immaginare secondo coscienza dal lettore, ma conteneva, tra le altre cose: un tagliaerba, un frigorifero, 15 metri di fil di ferro arrotolato, un telefono, una pecora imbalsamata, tre sedili di automobile, una cartonato a colori di Elvis Presley a dimensione naturale e un pacchetto di liquirizie.

Marco entrò in casa, lanciò le chiavi sul divano rosso, si spogliò nudo lasciando i vestiti a terra in corridoio; si ricordò di accarezzare il quadro, sua piccola abitudine quotidiana, ed entrò in cucina. Prese la penna blu che se ne stava su uno dei sedili e si sedette sulla pecora imbalsamata. Cominciò a scrivere:

‘Ragazzo di anni 27 cerca persona con cui passare una serata all’insegna di giochi erotici fantasticati da assimilazione di metilendiossimetamfetamina. No donne, no transessuali, no bambini. Disponibilità a vedersi in casa mia. Chiamare 3482345687 ore pasti o notte’

Non gli piaceva. Ne scrisse altri. Alla fine il prescelto fu questo:

‘Giovane 27enne cerca persona con cui fare smaialate, drogarsi, guardare Blob su Rai tre e bere alcolici; non necessariamente in quest’ordine. Disponibilità in casa propria. No donne, no bambini. Chiamare 3482345687 in tardissima notte. Sono balbuziente’

La mattina dopo spedì l’annuncio, che venne pubblicato la settimana successiva, per terzo, subito prima di vendesi cane pastore tedesco con cancro alle ossa, ancora vivo.

Passarono sei mesi.

Circa.

Una notte, tardissimo, ovvero una mattina, prestissimo, Marco dormiva: squillò il telefono. Al quarto squillo si svegliò, al decimo arrivò in cucina. Una filobattiatana timida erezione dentro le mutandine bianche. Il correttore automatico di Word è sinonimo dei tempi bui in cui viviamo. Si sedette su uno dei sedili accanto al tavolo e prese la cornetta, il delinquente del rock and roll se ne fotteva altamente di tutto e tutti. Elvis era un eroe per molti ma non ha mai significato un cazzo per me, era un fottuto razzista. Puro e semplice cantò Marco, a mente, in inglese.

Marco era convinto fosse la Polizia, e che il cadavere di suo fratello fosse stato ritrovato: no. C’era un uomo che ansimava al telefono, si stava masturbando: era evidente.

‘La chiamo per l’annuncio’ disse

‘Posso masturbarmi finanche io miegħek?’ chiese Marco

‘Come il formaggio sopra i maccheroni’ acconsentì l’uomo

Vennero: rapidamente. Poi: parlarono di incontri al buio. Il prossimo sabato l’uomo misterioso sarebbe andato a casa di Marco, alle ore: 18.

Arrivò il sabato. Alle ore undici e venticinque Marco uscì di casa per andare a fare spesa in un supermercato: non quello in cui lavorava. Comprò un vero e proprio monumento alla condizione di precarietà ed indigenza che caratterizza la sua generazione: due casse di Peroni da 66 cl, uno spumantone di Todis a soli 2,45 euro e tre bottiglie di bianco Gotto d’Oro, versione popolare del Tavernello, a metà tra l’aceto di vino e la Super senza Piombo.

Poi tornò nella sua abitazione e sedette sul divano per le successive cinque ore.

Alle 17 e 55 bussarono alla porta. La porta non aveva uno spioncino ed è per questo che durante la telefonata i due si erano scambiati una parola d’ordine. Marco accese le luci del corridoio e si pronunciò:

‘Cosa ne pensi della via ermeneutica di Dietrich Bonhoeffer?’

‘Ma che cazzo stai a dì?!’

Era il postino. Consegnò: pubblicità, una bolletta, altra pubblicità.

Alle 18 e 23 bussarono alla porta.

‘Cosa ne pensi della via ermeneutica di Dietrich Bonhoeffer?’

‘Ma che cazzo stai dicendo?!’

Era lui: era il suo uomo. La risposta era corretta.

Allungò la mano verso la maniglia, la girò: aprì. Il suo uomo era nella penombra; in quei pochi secondi necessari a far abituare i suoi occhi al buio Marco passò dal generale al particolare: era basso, era grasso, aveva sui settant’anni, pochi capelli evidentemente tinti, un costoso ed elegante vestito da sera, baffi, occhiaie, un viso simpatico e positivo, sorridente: l’uomo era Maurizio Costanzo.

Maurizio Costanzo.

Ancora non era passata la reazione iniziale di sorpresa che Maurizio, in un elegantissimo gessato grigio, era balzato all’interno dell’abitazione e aveva cominciato a baciargli il collo, e a leccargli il lobo di un orecchio, spingendolo più volte contro il muro. Marco sentiva il prurito dei suoi baffi sulla pelle, e non lo respingeva. Maurizio lo baciò: sulle labbra. Marco aprì la bocca e loro lingue si intrecciarono, si leccarono le guance la fronte i capelli il naso. Maurizio era veramente grasso. Marco lo prese per mano e lo portò in camera da letto: era buia. Cominciarono a spogliarsi mentre percorrevano il corridoio e si distesero sul letto con indosso solo i calzini.

Marco invitò l’obeso a prendergli il cazzo in mano, Maurizio lo prese, lo sentii ingrossarsi, crescendo si scappellò, aveva una cappella grossa e lucida, si inginocchiò davanti a lui e lo prese in bocca, gli fece un pompino e quando venne si fece sborrare in bocca ingoiando tutto, poi lo leccò bello pulito. Lo accarezzò con i baffi.

‘Voglio scoparti nel culo adolescenziale’ disse Maurizio Costanzo

‘In culo può far male’

‘Ma eviteremmo una progenie infernale’

‘Ma non ho ovaie, sarebbe anormale’

'Orgoglio mortificato accidentale'

'Acconsento suvvia, il tuo batuffolo peloso è minimale'

Marco si girò e si appoggiò con le mani contro il muro mentre Maurizio lo inumidiva ficcandogli prima una e poi due dita nel culo, poi cercò di spingergli il pene dentro. Al terzo tentativo lo sentii entrare dentro, con un paio di colpi entrò tutto. I coglioni di Marco battevano contro i piccoli coglioni di Maurizio.

Poi Maurizio venne: emise un suono grave e terrificante come il rumore di un tuono, e si stese sul letto, ansimante. Anche Marco si stese: sentiva un bel pò di bruciore al culo, ma era contento e di nuovo eccitato. Avvertiva lo sperma che gli fuoriusciva dall’ano. Allungò una mano verso il comodino di sinistra e cercò a tastoni l’interruttore della lampada, la stanza era pressocchè buia. Accese la lampada.

Nell’angolo più lontano, nella semioscurità, dietro la sedia a dondolo, Marco notò all’improvviso la figura di un uomo che li stava osservando: immobile, surreale, altissimo, magro, scavato, spento e calvo. Aveva una valigetta in mano.

La filosofia dell’amore è un accumulo di postilledisse l'uomo.


[continua]



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