Il Capitolo II doveva essere il regalo
di compleanno per il Negro. Perchè quel racconto, nato per
cazzeggio, era destinato a rimanere, appunto, un cazzeggio. Però il
Negro mi chiese di prolungarlo, di farlo diventare un romanzo.
Purtroppo però la laurea specialistica è DIFFICILE, e questo post
arriva solo ora. Cercherò di scrivere un capitolo al mese, d'ora in
poi.
Mi sembra ovvio che con questo
romanzo un giorno vincerò il Premio Nobel per la Letteratura che,
d'altra parte, rifiuterò, perché gli unici premi Nobel sensati sono
quelli scientifici. Mi ci pulisco il culo con un Nobel alla
Letteratura o alla Pace.
Non ho la più pallida idea di dove si
andrà a parare con la storia, sono il nuovo Dickens, però vi
prometto che il finale non farà schifo come quello di Lost: un
giorno riuscirò a sbrogliare la matassa. Quel che so è che mi
piacerebbe farlo diventare un western-fantasy-porno, con qualche
incursione nello sci-fi e almeno un paio di capitoli sugli zombie. Ah,
i lupi mannari. Sottovalutati, i lupi mannari.
Il Capitolo II introduce Laura.
Purtroppo lo scritto è andato perso da un crash di sistema, un crash
devastante. Dovrò scriverlo di nuovo, nel frattempo questo è il
nuovo Capitolo II, scritto mentre la Staccionata fa le prove ed io sono a casa che mi annoio; il
vecchio Capitolo II, quello di Laura, diventerà il Capitolo IV.
Unica regola fissa è che ogni capitolo verrà scritto in non più di
due ore.
Il Capitolo I è QUI.
Piccolo riassunto del capitolo I: Marco
ha 27 anni e si masturba mentre fa la cacca.
CAPITOLO II – Tempi e strutture
narrative
'È come leccare il cazzo di tuo nonno'
disse.
Erano piccoli; erano: bambini. Erano:
due. Erano Marco e Luca. Marco: sette anni. Luca: quindici anni.
Marco e Luca erano fratelli, partoriti dalla stessa dilatata vagina,
inseminati dallo stesso input di carne, l'orgasmo proveniente dalla
stessa uretra, lo stesso patrimonio genetico, lo stesso macchinario
biosintetico. Erano: molto simili. Erano un delay uno dell'altro. Uno
strano caso di time shifting. Lui: quindici anni, si sentiva grande,
era piccolo. Lui: nove anni, si sentiva più piccolo, era piccolo.
Ceteris paribus. Latinismi: se questa è cultura. Marco: capitolo
uno. Quante mani nel mondo sono piene di sperma. Nessuno si lava le
mani dopo una sega.
Marco e Luca erano a casa dei nonni.
Erano: in cucina.
Lui e lui , il duomo e il Δuomo,
erano seduti accanto dal lato lungo di un tavolo rettangolare bianco.
Scarti di legno triturati e incollati e fissati e ricoperti di
pannelli lucidi idrorepellenti in formaldeide: aldeide formica. Marco
e Luca erano accomodati su sedili di legno senza spalliera e
braccioli. Insomma: sgabelli. Luca arrivava con i suoi piedi nudi sul
pavimento di mattonelle a chiave greca. Marco faceva penzolare le
gambette, favorendo trombi. Deliziose tendine rosa.
Certe parti sono
così iconiche, stilizzate, quasi ideali perché corrispondono alla
fantasia di qualcuno. Sono ricordi mediati dalla mente, fantasie
belle e buone, episodi veri ritoccati, perciò devono essere
altamente sublimati. Realistico ma un pò rigido, come tutte le
elaborate fantasie.
Un lato corto del rettangolare tavolo
bianco era a contatto con una parete azzurra della cucina. La cucina
era grande e luminosa. Sulla parete, appeso: Cristo. Ai lati di
Cristo: due ladroni speculari. Lewis Carroll era contemporaneo di
Emil Fisher. Alice nel paese delle correlazioni stereochimiche tra
monosaccaridi. Il Beta-L-Fucosio (6-deossi-Beta-L-Galattosio) delle
meraviglie. Di fronte a Marco e Luca, in piedi: la nonna tagliava
spesse fette di pane: morbido e profumato. La nonna: grassa, gambe:
grasse, vene: varicose, valvole a nido di rondine spanate, accumuli
di sangue. Vene perforanti. Una felpa nera dei TRBNGR. Sugli occhi:
occhiali RAYBAN a goccia. La nonna faceva: la merenda. Prima fetta.
Zac. Seconda fetta. Zac.
Poi: un rumore basso e caotico: un
gorgoglio. Fourier si sarebbe sorpreso. Il tubo di un lavabo
rumoreggiava a causa di uno sbilanciamento di pressione da qualche
parte nella rete idrica. No. Un brontosauro qualche chilometro più
in là richiamava una femmina da ingravidare. No. Il motore di una
Ritmo 65 verde esalava l'ultima quantità di biossido di carbonio
prima di collassare. No. Il rumore caotico era: il nonno. Il nonno
sulla sedia a rotelle. Il nonno era grasso: no. Era gonfio. Medicine.
Il nonno aveva il cancro alla prostata. Il medico aveva detto:
cronicizzazione. Il cancro è: libertà. È la cellula che smette di
fare solo quello che deve fare e comincia a fare tutto quello che sa
fare, senza alcun criterio, in totale indipendenza. L'emancipazione
della cellula. Cellulismo. La cellula cancerogena diventa: immortale.
Anarchia.
E succeda quel che succeda.
Solo la nonna capiva quello che diceva
il nonno. Il nonno puzzava: di vecchio e di malattia. Il nonno
passava la sua vita seduto su una sedia a rotelle, puntata verso la
porta finestra della cucina azzurra col Cristo appeso. Il nonno
guardava forzato dalla porta finestra dando le spalle ai suoi giovani
nipoti. E i giovani nipoti davano le spalle a lui, guardando
desiderosi i generi alimentari sul tavolo bianco. La porta finestra
dava su un piccolo giardino che dava su un cancello di alluminio
sempre aperto che dava su una strada. Piano terra.
Il nonno indossava un pigiama che
sembrava una tuta di pile. Il nonno indossava una tuta che sembrava
un pigiama di pile. Era pelato.
Attendeva. Altro gorgoglio. Attendeva.
Seneca diceva che l'ozio è una virtù,
io vi dico che la noia è un ottimo elettrostimolatore anale.
La nonna poggiò il coltello sul tavolo
bianco. Il barattolo da 15 chili di NUTELLA aveva il coperchio bianco
svitato. Nutella: odore. Per terra: una scatola di cartone con dentro
ricordi da dimenticare. C'era scritto: FRAGILE. La nonna si avvicinò
brontolando al marito brontolante. I nipoti si girarono a guardare,
ruotando le natiche sugli sgabelli. Le gambe del nonno non si
vedevano: erano ricoperte da cinque coperte coprenti e riscaldanti.
Le coperte erano di vari colori, che tendevano al blu. Dalla coperta
che copriva la coperta che copriva le gambe, fuoriusciva un tubicino
trasparente in silicone; questo terminava in una sacca appesa sul
perno della ruota destra. La sacca era ripiena per metà di piscio.
L'altro estremo del tubo entrava nella cappella grigia del nonno e
terminava nella vescica. Uretra. La nonna alzò un paio di coperte
coprenti. Spesse coperte calde ripiegate su se stesse ma talmente
lunghe che comunque sfioravano terra. Una coperta era bagnata di
piscio. Il colore blu sembrava più blu. Nel blu dipinto di blu.
Il catetere tempo addietro si era
bucato in un punto, si era piegato in maniera anomala e il
cristallino era crepato, rompendosi. Il taglio era stato
grossolanamente chiuso con del nastro adesivo bianco che però, ora:
aveva ceduto. La nonna reincollò alla meno peggio il nastro ormai
umido, poi tirò su tutte le coperte, armeggiò con i vestiari e
prese in mano il cazzo moscio di suo marito. Controllò che non ci
fossero perdite di piscio anche dal glande. Con due dita, pollice ed
indice, comprimeva il rugoso glande grigio intubato. Unghie sporche.
Glande sporco. Osservava il glande mentre il nonno attendeva:
gorgoglio. Non c'erano perdite, non più del dovuto. Risistemò il
tutto. Tornò al tavolo. I nipoti fecero da girasoli. In una gabbia,
un pappagallo verde cagava su L'Avvenire. Sul frigorifero un foglio
bianco con su scritto:
LO SPAVENTO!
JHON LENNON È VIVO GESTISCE TAGADA' A RICCIONE
SI FA CHIAMARE: JIM NICOLETTI
SE GLI CHIEDI LE CANZONI DEI ROLLING STONES SPUTA
JHON LENNON È VIVO GESTISCE TAGADA' A RICCIONE
SI FA CHIAMARE: JIM NICOLETTI
SE GLI CHIEDI LE CANZONI DEI ROLLING STONES SPUTA
La vecchia prese una fetta di pane, le
sue dita grasse e umide comprimevano morbida mollica bianca. Morbida
e porosa mollica di pane. Il pane assorbì tutto. Assorbì il sudore,
assorbì il piscio, assorbì cellule morte, assorbì i batteri
presenti sul grande glande grigio salato. Riprese il coltello, lo
infilò nel barattolo di vetro.
'È come leccare il cazzo di tuo nonno'
Questo Luca sussurrò nell'orecchio di
Marco. D'un tratto fare merenda perse di molto da un punto di vista
dell'aspettativa. La nonna udì e percepì sorrisi e sguardi d'intesa
fra quei due piccoli bambini che erano usciti dalla vagina dilatata e
sanguinante di quella donna che era uscita dalla sua vagina dilatata
e sanguinante. La vagina nel parto. Quindici centimetri di
dilatazione. Tre chili di carne. Un litro di sangue. Piscio. Merda.
Il miracolo della vita. L'invidia del pene.
'Ti stai forse facendo giuoco
dell'anzianità del padre di tua madre?' chiese la vecchia al piccolo
più grande.
'Non oserei mai, madre di mia madre. Si
soleva unicamente fare dell'ironia sulle poco adeguate usanze
igienico sanitarie di cui si fa uso in codesta domus; mi si permetta,
colei ha sicuramente il dono dell'esperienza conferitagli da decenni
di vita superiori a quelli di me, ma trovo alquanto disdicevole la
preparazione di cibarie con strumenti prensili evidentemente
contaminati da urina di colore giallo paglierino, la cui provenienza
è, inoltre, un uomo in evidente patologia cronica degenerativa'
rispose solennemente Luca, ironico. Sfrontato, le mani aperte
poggiate sul tavolo, il corpo che tendeva verso la vecchia. Giovane.
Capelli: rasati. Occhi: azzurri.
Un istante dopo il coltello era
ridisceso e tranciava di netto quattro dita della mano sinistra di
Luca. Le falangine schioccarono quando si spezzarono: STACK. Si salvò
il pollice. Il pollice tozzo ora era il dito più lungo. Poi il
coltello schizzò di nuovo in aria, la punta cambiò direzione e si
abbatté nuovamente. Questa volta la lama bucò il carpo della mano e
si fece strada nel tavolo: Luca era stato crocifisso.
Marco fu: turbato. Luca esclamava:
sorpresa.
'Oh perdincibacco! Dita rotolano. Cui
prodest?' chiese l'amputato
'Giammai ti farai scherno
dell'anzianità. Zuzzurellone.'
Tanto sangue denso colava dalle dita, a
ritmo con il battito del cuore. Le piastrine si sentivano
sopraffatte. La vecchia abbandonò la presa dal coltello, appoggiò
entrambi i gomiti sul tavolo e intrecciò le dita dietro la nuca
dell'impertinente impudente insolente irriguardoso sfacciato nipote.
Con violenza fece sbattere dodici volte il viso del giovane sulla
superficie bianca di legno rigido.
Uno.
Due.
CRAC.
Quattro.
Cinque.
Sei.
Sette.
Otto.
Nove.
Dieci.
Undici.
CRAC.
Il primo crac fu il setto nasale che si
spezzava. I fosfeni rilevavano variazioni di potenziale dovute a
correnti dell'ordine del microampere. Lampi di luce. Fuoriuscita di
sangue e liquido giallastro dalle narici. Il secondo crac fu l'osso
frontale del cranio. Sangue schizzava colava spruzzava e liquido
cerebrospinale sui muri. Liquido cerebrospinale su Cristo. Liquido
cerebrospinale su un ladrone: non più speculare. Entropia.
Ad ogni craniata sul tavolo Marco aveva
fatto un passo indietro. Alla decima: toccava con la schiena la porta
finestra. Il vecchio sulla sedia a rotelle guardava fuori, sul
marciapiede, un pazzo molto decorativo. Marco guardò suo fratello
che moriva, mentre scivolava dallo sgabello con la mano ancora
inchiodata al tavolo. Sbrattava sangue. Poi alzò lo sguardo su sua
nonna. Lei lo guardò. Si tirò su la felpa: mostrò a suo nipote i
suoi enormi cadenti seni vuoti. Questo era un flashback. Marco si ritrovò sul letto, seduto, la
schiena compressa sulla parete. Calor. Dolor. Rubor. Tumor. Functio
lesa dei gomiti. Functio lesa delle spalle. I piedi scavavano e
scivolavano sulle coperte bagnate di sudore e sperma e poco sangue
tentando di allontanarsi il più possibile dalla fonte di pericolo.
Uomo sconosciuto alto pallido calvo al buio. L'ipotalamo mandava
segnale: caso di emergenza. Le corde vocali: disabilitate. Le pupille
si dilatarono cercando di raccogliere quanti più fotoni possibili.
Il nervo ottico amplificava segnali infinitesimi. Il riverbero della
lampada alterava la visione. Rumore bianco: elettroni. Frequenza di
rete: 50 Hz. L'uomo alto in penombra. I timpani si rilassarono per
accogliere le basse frequenze. I reni scagazzarono adrenalina e
noradrenalina. Il cuore pompava sangue e ossigeno. Calore metabolico.
Percezione fittizia di freddo. Pelle d'oca. Urina. Il pene flaccido,
dapprima abbracciato ad un testicolo, ruotò verso la pancia. Urina
schizzava. Piscio zampillava. Marco si innaffiò il ventre. Quando la
pressione del gettito diminuì, il pene tornò mogio mogio ad
accoccolarsi su un testicolo, minuto.
Nel frattempo: Maurizio Costanzo non
aveva notato l'uomo sconosciuto pelato alto innaturale. Maurizio
Costanzo si era voltato verso destra, verso il buio, rallentava il
battito del cuore dopo l'orgasmo, dopo il sesso anale, la
stimolazione prostatica: il pene gli puzzava di merda. Maurizio
offriva il suo enorme deretano peloso alla luce. Maurizio non vide il
pericolo. Maurizio percepì il pericolo. Sensazioni. Maurizio
Costanzo si cagò sotto dalla paura. Due volte. La prima da un punto
di vista metaforico. La seconda da un punto di vista letterale. Tra
le due cagate, Maurizio morì, ritirandosi in posizione fetale. Un
fiume di merda liquida scoppiettò dal suo culo, colorando un
arcobaleno marrone sulle lenzuola verdi. Il cuore fratturato.
Lo spavent, o assolut, o fu tale che
persino la punteggiatura arretrò di un caratter.
E
[Continua]
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Salve, perchè non prendi sul serio le tue capacità?
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